mercoledì 29 agosto 2007

La mitologia vichinga

LE fonti

La storia dell' Edda

Edda Poetica

Nel 1643 il vescovo islandese Brynjölfur Sveinsson (1605-1675) ritrovo nel sud-ovest dell'Islanda un antico manoscritto il quale conteneva ben 29 canti su dèi ed eroi, e ritenne con gioia di aver trovato il libro che aveva fornito a Snorri Sturluson le numerose citazioni esemplificative della sua Edda.

Il manoscritto era composto da 45 fogli, con una grossa lacuna purtroppo di 16 pagine dopo il trentaduesimo.

Al manoscritto si doveva dare un titolo e Brynjólfur lo chiamò puntualmente Edda, creando cosi un ideale legame con l'opera di Snorri. Gli occorreva anche un autore e il bravo vescovo pensò che un'opera così importante era degna del dotto prete Sæmundr Sigfússon inn Fróði (1056-1133), conosciuto dalla tradizione come un grande sapiente. Fece copiare il manoscritto e sulla copia scrisse di proprio pugno la pomposa epigrafe Edda Sæmundi Multiscii dando al prete una paternita che in realta non aveva.

Da allora si distinse tra la raccolta detta «Edda poetica» o «Edda di Sæmundr» o «Edda antica» ; e l'opera di Snorri detta «Edda in prosa» o «Edda di Snorri»

Il manoscritto in realtà risale alla seconda metà del XIII secolo e naturalmente non ha nulla a che fare con Sæmundr Sigfússon, il quale come si evince nelle date di nascita e di morte visse ben due secoli prima.

Intorno agli autori regna il buio più fitto. Qualche studioso ha dato loro il nome di þulir o «sapienti», avanzando l'ipotesi che formassero un corpo di poeti , esperti di miti, i quali poi furono soppiantati e respinti dagli skáld o poeti d'arte. Certo è che tra gli uni e gli altri esistono notevoli differenze di tecnica. I poemi dell'Edda poetica sono caratterizzati da una grande semplicità verbale che impiega in misura minima i sinonimi , al perfetto contrario dell'involuta poesia scaldica. Le ovvie difficoltà di interpretazione nascono per l'impossibilità, da parte nostra, di accedere ad una cultura scomparsa da mille anni.

Nel 1662 il manoscritto fu spedito in Danimarca e, con la segnatura Codex Regius GKS 2365 4°, fu conservato nella Biblioteca Reale di Copenhagen. Ma attualmente si trova a Reykjavík, in Islanda, dove è tornato il 22 aprile 1971 dopo una lunga e complessa vicenda giudiziaria che si è conclusa con l'impegno da parte della Danimarca di restituire tutti quei manoscritti che possono essere considerati patrimonio culturale inalienabile dell'Islanda.

La Profezia della Veggente

La Profezia della Veggente è il gioiello dell'Edda poetica, il primo dei due monologhi che aprono il grande canzoniere. Opera di un poeta islandese di vigoroso talento, ancorché pagano, vissuto probabilmente intorno alla prima metà del X secolo, la Profezia si configura come la visione di una sinistra profetessa che Óðinn ha evocato affinché riveli per intero la sapienza nordica, i segreti delle cose primordiali e i destini del mondo. E così, in una sessantina di strofe, la Veggente disegna la creazione dell'universo, racconta dell'età dell'oro e della guerra che oppose gli Æsir ai Vanir, narra della morte di Baldr, vola dalle fonti del destino ai dirupi infernali, dalle radici del frassino Yggdrasill ai confini del mondo, per concludersi col terrificante racconto della distruzione, e quindi della rinascita, dell'universo. La Profezia della Veggente si configura insomma come una vera e propria summa mythologiæ scandinava. Tra balenii epocali e schegge d'apocalisse, è senza alcun dubbio uno più bei poemi mitologici di ogni tempo e di ogni paese.

l'Edda in prosa

Snorri Sturluson fu una delle figure di maggior spicco nella cultura islandese medievale. Conosciamo molti dettagli della sua biografia grazie alla Saga degli Sturlungar, redatta alla fine del XIII secolo. Snorri nacque a Hvammr, nell'Islanda occidentale, nel 1179. Suo padre Sturla Þórðarson apparteneva alla famiglia degli Sturlungar, all'epoca una delle più influenti dell'isola; sua madre era Guðný Böðvarsdóttir.

Snorri trascorse la sua gioventù ad Oddi, che era allora era uno dei principali centri intellettuali d'Islanda, e qui scoprì tanto la cultura classico-cristiana quanto la letteratura tradizionale norrena, la poesia scaldica e la narrativa epico-storica delle saghe

Per scaldi si intendevano tutti quei poeti presenti presso le corti scandinavi e islandesi, durante l'età vichinga.Questi componevano versi e mettevano in luce quelli che erano gli aspetti della mitologia norrena, spesso erano anche bardi o consiglieri di corte.

L'edda in prosa in particolare, piu che un trattato sulla mitologia degli uomini del nord si puo considerare proprio un libro di arte scaldica, per aspiranti poeti.

Il libro fondamentalmente si divide in 4 parti tra cui un prologo

PROLOGO

l'INGANNO DI GYLFI

ARTE POETICA

TRATTATO DI METRICA

L'inganno di Gylfi e la mitologia norrena

la parte piu interessante per capire la moltitudine di divinita adorate dai norreni è infatti L'INGANNO DI GYLFI. La cornice di questa parte di libro è in pratica il viaggio effettuato da gylfi mitico re svedese il quale si reca nel paese degli Æsir per scoprire quale fosse il segreto del loro potere.

il libro tratta appunto le domande di Gylfi sulla creazione e sul divenire dell'universo, sulla natura degli dèi e sulla fine del mondo, e le risposte che riceve da tre misteriosi personaggi divini, nei quali si ravvisa - in forma triplice - lo stesso Óðinn. Alla fine del colloquio, la dimora degli dèi scompare nel nulla. Grazie a questa rappresentazione, Snorri dà una visione d'insieme delle credenze pagane,: racconta i miti di creazione e svela la struttura dell'universo e dei mondi che lo compongono, enumera gli dèi e per ciascuno ne fornisce la sua fisionomia e narra i miti principali che lo riguardano.

Gli Æsir

Gli Æsir infatti erano Nella mitologia nordica, una classe di divinità legate al cielo, alla sovranità e alla guerra. Dimoravano nell'Ásgarðr.posta al centro del mondo o in cielo, e in tal caso collegata alla terra dal ponte Bifröst. Il loro sovrano era Óðinn. I più importanti di essi erano Þórr, Týr, Baldr, Vídarr, Bragi, Heimdallr, Forseti, Höðr e Váli.


LA COSMOLOGIA NORRENA

LA GENESI

All'inizio dei tempi non vi era nulla di quanto oggi possiamo vedere intorno a noi. Non c'era la terra né in alto si vedeva il cielo, non c'era il mare bordato di spiagge, non v'erano piante né altre creature viventi.

Dovunque si spalancava un immenso abisso, un baratro oscuro e senza forma. Il Ginnungagap

A nord del Ginnungagap si stendeva una regione oscura e gelida, detta il Niflheimr, a sud una regione di fiamme ardenti e di insopportabile calore, il Múspellheimr

Al centro del Niflheimr vi era il pozzo di Hvergelmir, da cui sgorgavano con fragore gli undici fiumi detti Élivágar. Questi i loro nomi: Svöl, Gunnþrá, Fjörm, Fimbulþul, Slíðr, Hríð, Sylgr, Ylgr, Víð, Leiptr e Gjöll.

Gli Élivágar giunsero così lontano dalla loro sorgente che il veleno superficiale che li accompagnava s'indurì come scoria di combustione e divenne ghiaccio. Laddove questo ghiaccio si fermò, cadde una pioggerella che divenne brina e ricoprì a strati tutto il Ginnungagap.

La parte settentrionale di Ginnungagap si incrostò di ghiaccio, ma in quella meridionale, esposta ai caldi venti di Múspellheimr, il ghiaccio si sciolse e gocciolò. Da queste gocce nacque Ymir, il capostipite della razza dei Giganti.

Freddo e tenebre provenivano da Niflheimr, calore e luce dal Múspellheimr. Tra i due poli, Ginnungagap era mite come l'aria quando non soffia il vento. Allorché la brina s'incontrò con il vento caldo, si sciolse e gocciolò e da quelle gocce viventi si formò la vita, grazie alla forza di Colui che aveva mandato il calore, ed essa prese forma d'uomo.

Costui fu detto Ymir, ma gli Jötnar lo chiamarono Aurgelmir e da lui discesero le stirpi dei giganti di brina.

Ma le gocce da cui Ymir era nato contenevano le particelle di veleno che erano schizzate dai fiumi Élivágar . Questa è la ragione per cui Ymir era sì, saggio, ma anche malvagio, e malvagi furono tutti i suoi discendenti.

I figli di Ymir

Poiché Ymir era solo, non potendo accompagnarsi con femmine, i suoi figli nacquero da lui per generazione spontanea. Dormendo egli stillò sudore e così gli crebbero sotto la mano sinistra (altri dicono sotto il braccio) un uomo e una donna, mentre uno dei suoi piedi generò accoppiandosi con l'altro un gigante con sei teste.

Quando la brina gocciolò, insieme ad Ymir nacque la mucca chiamata Auðhumla, dalle cui mammelle scorrevano quattro fiumi di latte. Fu da quel latte che Ymir trasse il suo nutrimento

.

Ymir trae nutrimento dalla vacca Auðhumla nati entrambi dallo scioglimento della brina

Auðhumla e suo figlio Bùri

Auðhumla leccò il sale che incrostava alcune pietre ghiacciate. Il primo giorno, verso sera, portò alla luce i capelli di un uomo, il giorno dopo la testa e il terzo giorno tutta la persona.

Costui si chiamava Búri, era bello d'aspetto, grande e potente. Generò un figlio che si chiamava Borr, il quale prese in moglie Bestla figlia di Bölþorn e da lei ebbe tre figli. Il primo si chiamava Óðinn, il secondo Vili e il terzo .


Odino e Sleipnir il suo cavallo , dotato di otto zampe, è il migliore cavallo che esista, il più veloce, in grado di cavalcare il cielo e le acque, e anche lungo gli altri mondi. Il suo nome significa "colui che scivola rapidamente"

La creazione del Mondo

I tre figli di Borr, Óðinn, Vili e , uccisero Ymir e trascinarono il suo corpo nel mezzo del Ginnungagap. E da quel corpo essi trassero il mondo, che sollevarono al di sopra dell'abisso. Con la carne dell'antico gigante, essi fecero la terra e innalzarono le montagne con le sue ossa. Fecero le pietre ed i massi con i suoi denti, con le mascelle e con le schegge di ossa. Scagliarono in aria il suo cervello e da esso vennero le nubi.

Posero al di sopra l'immenso cranio di Ymir e da esso fu tratto il cielo. Ai quattro angoli, a sorreggerlo, furono posti quattro nani: Austri, Vestri, Norðri e Suðri.

Col sangue sgorgato dalle ferite di Ymir, nel quale avevano annegato tutti i giganti, i figli di Borr fecero l'oceano e lo avvinsero strettamente alla terra legandolo intorno come un anello; ed esso pare alla maggior parte degli uomini impossibile da traversare.

Esternamente la terra era circolare ed attorno le giaceva il profondo oceano. Al limite della terra, sulle spiagge del mare, i figli di Borr diedero dimora alle stirpi dei giganti discesi da Bergelmir, Gigante primordiale.in quel paese che è l'estremo recinto del mondo.

Per proteggere dai giganti la parte centrale dell'universo, i figli di Borr la circondarono con una possente fortificazione ed allo scopo utilizzarono le sopracciglia di Ymir. A quel recinto diedero nome Miðgarðr, «Recinto di mezzo».

Il Miðgarðr fu destinato ad accogliere la stirpe umana.

Il diluvio di sangue e la morte dei Giganti

Nel sangue di Ymir, i tre figli di Borr affogarono tutti i giganti che da lui erano discesi. Unico a salvarsi fu colui che i giganti chiamavano Bergelmir.

Bergelmir era venuto alla luce all'inizio del tempo. Suo padre era Þrúðgelmir, che pare fosse proprio quel gigante con sei teste che Ymir aveva generato «piede con piede».

Non è chiaro come avesse fatto Bergelmir a salvarsi. Alcuni dicono che si fosse arrampicato insieme a sua moglie in cima a un mulino e così fosse riuscito a scampare al diluvio di sangue. Altri dicono invece che entrambi fuggissero su una barca, forse un rozzo tronco scavato.

Comunque sia andata, Bergelmir e sua moglie si salvarono dal massacro e ripararono lontano. Da loro sarebbero discese le stirpi degli Jötnar, i Giganti di Brina.

il giorno e la notte

Terminata la creazione del mondo, Óðinn, Vili e presero le scintille che volavano nell'aria, spruzzate fuori da Múspellheimr, e le posero nel mezzo del Ginnungahiminn, il Cielo degli Abissi, sopra e sotto, in modo da illuminare il cielo e la terra.

A quel tempo il sole e la luna vagavano liberi nel cielo, del tutto ignari delle loro virtù e del loro destino. Le stelle parimenti non avevano né leggi né dimore. Così i figli di Óðinn misero ordine nel firmamento, dando a tutti gli astri un posto e un ruolo. Ad alcuni li posero fissi nella volta del cielo, per altri stabilirono una rotta da percorrere. Volsero a sud il corso del sole e diedero nome al mattino e alla sera, al mezzogiorno e al pomeriggio. Misurarono le fasi lunari e imposero ad esse un ordine e una durata. Regolarono i meccanismi del firmamento, dando all'universo ordine e stabilità. Furono stabilite in questo modo le divisioni dei giorni, il calcolo dei mesi e degli anni. E così iniziò il computo del tempo.

Viveva in Jötunheimr un gigante chiamato Nörfi. Aveva una figlia il cui nome era Nótt «notte», scura e bruna come tutti i membri della sua stirpe. Fu data in sposa ad un uomo che si chiamava Naglfari: loro figlio ebbe nome Auðr. In seguito fu maritata con colui che si chiamava Annarr e loro figlia fu Jörð «terra». Infine l'ebbe in moglie Dellingr e loro figlio fu Dagr «giorno». Questi era luminoso e splendente come suo padre.

Allora Óðinn prese Nótt e Dagr, diede loro due destrieri e due carri e li pose nel cielo perché corressero ogni giorno attorno alla terra. Per prima cavalca Nótt con il cavallo di nome Hrímfaxi «criniera di brina»: la schiuma dal morso ogni mattina fa gocciolare sulla terra, donde la rugiada piove sulle valli. Il cavallo di Dagr ha nome Skinfaxi «criniera lucente»: e cielo e terra sono illuminati dallo splendore della sua criniera.

Il sole e La luna

Un uomo si chiamava Mundilfœri. Aveva due figli. Erano così belli e splendenti che chiamò il figlio Máni e la figlia Sól, proprio come la luna e il sole, e diede questa in sposa all'uomo di nome Glenr. Ma gli dèi, colpiti dalla sua arroganza, rapirono fratello e sorella e li posero in cielo.

Fecero guidare a Sól i cavalli che trainavano il carro solare, costruito dagli dèi per illuminare il mondo con una scintilla presa nel Múspellheimr. I due cavalli si chiamavano Árvakr e Alsviðr. Sotto le scapole dei destrieri gli dèi posero due mantici di ferro per rinfrescarli durante la loro corsa. Svalinn ha nome lo scudo che fu messo davanti al sole: se fosse tolto da quel posto mari e monti avvamperebbero.

Máni fu preposto ai movimenti della luna, oltre che al crescere e al calare delle sue fasi.

E vi è ancora una ragione per cui Sól e Máni corrono nel cielo senza mai fermarsi, ed è che sono eternamente inseguiti da due lupi. Il lupo che corre dietro a Sól si chiama Skoll e nell'ultimo giorno lo raggiungerà e lo sbranerà. Quello che le corre davanti si chiama Hati. Mánagarmr ha nome il lupo che nell'ultimo giorno sbranerà la luna e riempirà di sangue il cielo e la terra


HATI il lupo che nell'ultimo giorno sbranerà la luna e riempirà di sangue il cielo e la terra

Gli aiutanti della luna

Due fanciulli si chiamavano Bil e Hjúki ed erano figli di Viðfinnr. Essi si allontanavano dal pozzo di Byrgir, portando sulle spalle il secchio Sœgr e il bastone Símul, quando Óðinn li rapì dalla terra e li consegnò a Máni perché lo aiutassero nella regolazione delle fasi lunari. Questi due fanciulli si possono vedere tuttora sul disco lunare insieme con il loro bastone e il loro secchio.

L'estate e L'inverno

Ma a che cosa si deve la differenza per cui le estati sono calde e gli inverni freddi? Tutti lo sanno spiegare. Svásuðr si chiamava il gigante padre di Sumar «estate». Egli viveva una vita così felice che da lui prese nome ciò che era ameno e piacevole [sváslekt].

Il padre di Vetr «inverno» invece era un gigante che alcuni dicono si chiamasse Vindlóni mentre altri dicono Vindsvalr; egli era figlio di Vásaðr. Essi erano parenti severi e d'animo freddo e Vetr aveva il loro carattere.

Il Mare il fuoco e il vento

I giganti, che sono sapientissimi perché la loro stirpe risale alle origini del mondo, hanno potere sugli elementi della natura. Si narra che un antico gigante detto Fornjótr, che alcuni dicono regnasse sulle gelide terre del Finnland. Da lui era discesa una progenie potente e famosa: i suoi figli furono infatti Ægir, Logi e Kari.

Ægir (detto anche Hlér o Gymir) è il signore del mare. La sua sposa ha nome Rán. Ella possiede una rete con la quale raccoglie gli annegati e li trasporta nella sua dimora. Le nove figlie di Hlér e Rán sono le onde del mare. Esse preparano la birra per cui Ægir è giustamente famoso, tanto che è presso la sua sala che gli dèi si radunano per bere e brindare.

Logi è il signore del fuoco divoratore. Dal suo nome, che vuol dire «fiamma eccelsa», dicono derivi quello della provincia di Hálogaland.

Kari è il vento. Suo figlio Frosti «freddo» (detto anche Jökull) ha potere sul freddo e sul ghiaccio. Il figlio di questi si chiama Snær «neve». Snær ha a sua volta tre figli: Þorri «mese del quarto vento», il signore della seconda metà dell'inverno, Fönn «nevischio» e Mjöll «neve fresca»; e una figlia, Drífa «tormenta di neve».

Altri tuttavia dicono che Logi e sua sorella Skjálf fossero figli di Frosti, e che vendicarono loro padre quando egli fu ucciso da re Agni degli Ynglingar.

HRÆSVELGR, la provenienza del Vento

a da dove proviene il vento? Esso è così forte che scuote i vasti mari e attizza il fuoco. Tuttavia, forte com'è, non lo si può vedere poiché fu fatto in maniera mirabile.

Nella parte del cielo che volge a nord vive un gigante che si chiama Hræsvelgr. Ha l'aspetto di un'aquila. Quando muove le ali, sotto di esse si formano tutti i venti che soffiano sul mondo

Creazione degli Uomini

La caratteristica del mito antropogonico, in Scandinavia, è che la prima coppia umana non deriva dalla terra, come nel mito biblico: qui sono i nani, piuttosto, a nascere dalla terra e dal fango. Il primo uomo e la prima donna, nella mitologia norrena, vengono creati a partire da due alberi, un frassino e un olmo. Ragione per cui essi vengono chiamati Askr ed Embla. In norreno, infatti, askr è il frassino ed embla è l'olmo

Il tema della creazione dell'uomo dagli alberi o dalle piante sembra derivare da un antichissimo mitologema che ritroviamo diffuso nei miti di tutto il mondo, anche se spesso in contesti diversi. Ricordiamo brevemente il mito eschimese della nascita della prima coppia umana dai baccelli di una pianta di pisello, o il mito maya della creazione degli uomini dal mais.

Ma troviamo questo motivo anche nell'area indoeuropea. Se nel mito norreno Askr ed Embla nacquero rispettivamente da un frassino e da un olmo, nella mitologia greca gli uomini della prima età del bronzo nacquero cadendo come frutti maturi dai frassini. Analogamente nel mito iranico, il seme di Gāyōmart generò una pianta (Rheum ribes) dalla quale nacque la prima coppia umana, formata da Mašī e Mašanī, ed essi erano talmente uniti che era impossibile distinguere l'uno dall'altra.

La differenza più rilevante nel mito della creazione dell'uomo, tramandato dalla Profezia della Veggente e dall'Edda in prosa di Snorri, riguarda le tre divinità che intervengono nell'operazione.

Sappiamo che vi è una triade di dèi responsabile degli atti creativi che avevano dato inizio all'universo. La Profezia della Veggente parla inizialmente dei «figli di Borr», ma senza specificare i loro nomi. Più tardi tuttavia, quando tratta della creazione degli uomini, fa intervenire una triade divina formata da Óðinn, Hœnir e Lóðurr. Al riguardo, la Profezia della Veggente [17-18] dice che tre dèi, mentre tornavano a casa, trovarono in terra un tronco di frassino e un tronco di olmo; i loro nomi compaiono soltanto durante l'atto in cui essi trasformano i tronchi in creature umane, e sono: Óðinn, Hœnir e Lóðurr.

Riassumendo, la Profezia della Veggente ci spiega che ad operare la creazione del mondo furono i «figli di Bórr» ma non ci dice i loro nomi. Arrivando alla creazione degli uomini, c'informa che ne furono artefici Óðinn, Hœnir e Lóðurr. L'Edda in prosa di Snorri afferma invece che i figli di Bórr erano Óðinn, Vili e , ed a loro attribuisce la creazione degli uomini.

Si ha l'impressione che i teonimi Vili e , traducibili con «volontà» e «santità», siano non dei nomi propri ma dei semplici epiteti dei due fratelli di Óðinn. Se questo è vero, ci si può legittimamente chiedere quali fossero i veri nomi dei due personaggi e in tal caso se la triade di Snorri [Óðinn ~ Vili ~ ] sia da identificare con la triade della Profezia della Veggente [Óðinn ~ Hœnir ~ Lóðurr]. Notiamo subito che quest'ultima triade si muove soprattutto in scene ambientate nei tempi primordiali. La ritroviamo, sempre in Snorri, nell'Arte poetica [1], nel primo racconto, che vede gli Æsir opporsi al gigante Þiazi, oltre che in una scena breve ma importante della Saga dei Völsunghi, in entrambi i casi con sostituzione di Loki a Lóðurr (problema che non comporta necessariamente un'identificazione dei due personaggi).

Snorri, nel tramandarci il mito della creazione di Askr ed Embla, anche disponendo di testi per noi perduti, aveva senz'altro presente la Profezia della Veggente e probabilmente identificava Hœnir e Lóðurr con Vili e . Tale identificazione era diffusa all'epoca di Snorri? oppure già allora creava delle difficoltà, per cui Snorri decise di non entrare in dettagli su chi fossero effettivamente gli dèi implicati nella creazione dell'uomo e lasciò un certo grado di ambiguità? Propendiamo per questa seconda scelta, anche perché in seguito Snorri chiamerà Hœnir col suo nome, distinguendolo chiaramente da Vili e spedendolo senza tanti complimenti come ostaggio ai Vanir. E in quanto a Lóðurr, per qualche ragione Snorri preferì sostituirlo con Loki (Arte poetica [1]).

Ritroviamo Vili e , citati quali fratelli di Óðinn, ne Gli insulti di Loki [26], dove Loki accusa Frigg di essere andata al letto con entrambi. Il che dovrebbe essere una prova sull'effettiva esistenza di due triadi distinte all'epoca della Profezia della Veggente. Nonostante siano state avanzate molte dotte proposte, specie in campo filologico, non si è giunti a nessuna conclusione e in mancanza di altri dati una soluzione definitiva non sarà mai raggiungibile. Per ora nulla ci vieta di identificare Hœnir e Lóðurr con Vili e . Ma nulla ci autorizza nemmeno a farne la chiave di volta di un'interpretazione di tali personaggi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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