martedì 21 agosto 2007

I graffiti

Nel 1937, in una grotta vicino a Lussac (Francia), due archeologi scavando in uno strato di terra vecchio più di 15-20.000 anni, trovarono frammenti di selce (forse attrezzi preistorici). Continuando gli scavi vennero alla luce anche altre pietre sulle quali vi erano incisioni di gente con tratti somatici "moderni" e che indossava abiti "moderni". Queste pietre si trovano nel Museo dell'Uomo a Parigi e non sono visibili al pubblico. L'importanza dell'arte preistorica di Lussac è confermata dalla presenza di numerosi altri reperti archeologici originali trovati in altri siti archeologici e depositati al Museo delle Antichità Nazionali di Saint-Germain en Laye.

Altri Siti Archeologici

Nella grotta dei ”Fadets” (esplorata nel 1865 da A. Brouillet, nel 1905 da l’Abbate Breuil, nel 1962 da S. Lwoff e dal 1980 da Jean Airvaux e André Cholet) sono stati trovati oggetti molto "particolari": una freccia con ferro spinato, un punteruolo ornato e un frammento d’osso sul quale appare il disegno di un cavallo e di un bue. Questa grotta è stata abitata dall'uomo a partire dal periodo magdaleniano medio, ma la scoperta in essa di tegole romane, di monete e di un sigillo medievale ci fa capire che è servita da rifugio durante tutta la storia dell’uomo.

“L’Ermitage” (esplorata in successione, dal 1864 al 1936, da A. Brouillet, dall'Abbate Breuil, da Leon Pericard e da Stephane Lwoff) è l'unica grotta che è stata abitata a partire dal periodo di Neanderthal e in essa furono trovati migliaia di attrezzi preistorici.

La grotta della “Marche” (classificata monumento storico il 7.4.1970) è stata esplorata dal 1937 da Léon Pericard e Stéphane Lwoff. è il più importante sito della preistoria. Al suo interno i ricercatori hanno scoperto una gran quantità di disegni su placche calcaree che risalgono all'epoca magdaleniana (15.000 anni avanti Cristo).

Questi disegni sono raffigurazioni dell’ambiente fatte da artisti preistorici e rappresentano diversi animali: mammouth, antilopi, felini, cervi. A questi disegni di animali si aggiungono una serie di profili umani (cosa rarissima per quell'epoca) tra cui corpi di donne incinte, visi maschili e teste umane.

Queste incisioni sono di interpretazione difficile perché gli artisti magdaleniani ridipingendo diverse volte la stessa placca con il colore ocra hanno sovrapposto diversi disegni nel corso del tempo.

Alcuni archeologi hanno ipotizzato che i siti di Lussac-les-chateaux fossero una "scuola di apprendimento", ma essi ci danno, soprattutto, vere testimonianze sulla vita dell'uomo paleolitico. In questi siti sono stati anche ritrovati migliaia di attrezzi in selce, in osso, fatti con le corna di renna: scalpelli, raschini, punteruoli, aghi, bastoni bucati e la punta di zagaglia in legno di renna (la base a ugnatura e a doppia fessura) chiamata "zagaglia di Lussac".

Nei graffiti di queste grotte possiamo ammirare la precisione grafica e il senso del movimento dato agli animali con una grande semplicità dei tratti. Probabilmente queste incisioni, al di là della loro qualità grafica, sono la rappresentazione di riti sacri e misteriosi.

Le placche calcaree trovate a Lussac sono diventate elementi di riferimento per i ricercatori e, uniche nel loro genere, hanno la stessa importanza delle pitture rupestri di Lascaux.

LA GROTTA DI LASCAUX

La grotta di Lascaux è situata nella regione della Dordogna, nella Francia centro-occidentale, regione peraltro ricca di siti preistorici. Scoperta nel 1940, la grotta di Lascaux apparve subito come uno dei maggiori ritrovamenti artistici dell’età paleolitica. Sulle pareti, ma in particolare sul soffitto, sono rappresentati centinaia di animali, dai buoi ai cavalli, dai bisonti agli stambecchi, ecc. La tecnica di esecuzione è quella della pittura parietale preistorica: questa tecnica consisteva nello stendere i colori direttamente sulle pareti delle grotte. Non vi era preparazione ad intonaco della parete (per cui è assolutamente inesatto definire queste pitture degli "affreschi"), e quindi i colori erano stesi direttamente sulla roccia. Se quest’ultima era di origine calcarea, riusciva a far penetrare in profondità il pigmento colorato, soprattutto se la grotta presentava un clima interno umido. Altrimenti la pellicola colorata aveva scarsa aderenza alla superficie rocciosa e finiva per sparire definitivamente nel giro di qualche decennio.

«Vacca che salta» (20.000-15.000 a.C.)

(pittura parietale - Grotta di Lascaux, Francia)

"Particolare di un uro" (20.000-15.000 a.C.)

(pittura parietale - Grotta di Lascaux, Francia)

Se si considera che queste pitture giunte fino a noi hanno un’età compresa tra i 15.000 e i 20.000 anni, si può ben valutare l’eccezionalità di questi ritrovamenti. Ma se queste pitture sono sopravvissute lo si deve anche ad altre circostanze. Molto probabilmente queste grotte, per effetto di movimenti tellurici o simili, sono rimaste occluse per millenni. Ciò ha determinato una specie di conservazione "sotto vuoto" delle caverne, nelle quali l’assenza delle variazioni climatiche e atmosferiche ha prevenuto il deterioramento delle pitture. Il problema si è invece ripresentato oggi con maggior problematicità: l’accesso e la visita a queste grotte rischia infatti di produrre tutti quei danni che finora sono mancati. Così che si è reso necessario impedire l’ingresso alle grotte, se non a pochi studiosi (non più di una decina a settimana), mantenendo altresì una specie di clima costante con condizionatori d’aria all’interno della grotta. A Lascaux si è anche realizzato un doppione della grotta ad uso dei turisti. Circa venti anni fa è iniziata la costruzione di una grotta in cemento del tutto identica all’originale, in cui diversi pittori hanno fedelmente riprodotto le pitture, così che i numerosi turisti attratti dal luogo possono visitare almeno la finta grotta.

Tornando al problema artistico di queste pitture parietali, si osservi la grande abilità nel rendere la descrizione naturalistica degli animali raffigurati. Gli artisti che hanno realizzato queste pitture non solo conoscevano bene la realtà, ma ne avevano chiara coscienza, sì che potevano replicarne l’immagine con assoluta padronanza e sicurezza.

Se queste pitture avessero fini magici o propiziatori è difficile dirlo. Cosa simboleggiava il misterioso fiume di animali che scorre sulle pareti della grotta francese di Lascaux, la "Cappella Sistina della preistoria"? Una studiosa, Chantal Jégues-Wolkiewiez, ora è convinta di averlo scoperto: potrebbe essere la prima raffigurazione astronomica della civiltà umana.

La teoria di Chantal Jégues-Wolkiewiez

Nel mondo è conosciuta come una delle "cattedrali" dell'arte rupestre paleolitica, tanto che qualcuno l'ha battezzata la "Cappella Sistina" della preistoria. I dipinti realizzati sui muri e sulla volta della grotta francese di Lascaux circa 17.000 anni fa sono una delle più straordinarie meraviglie giunte fino a noi dal passato. Questo sito archeologico però rappresenta per gli studiosi anche un grosso enigma. Per decenni, infatti, gli esperti si sono sforzati di comprendere quale fosse il motivo per cui quegli uomini si avventurarono nel ventre profondo della Terra per realizzare quelle immagini. Si è detto che l'interno della grotta era un luogo sacro, dove gli sciamani andavano a incontrare gli spiriti delle divinità; che le sale e i budelli più bui erano forse il posto in cui si consumavano riti iniziatici e cerimonie propiziatorie per la caccia; o addirittura che quei capolavori fossero l'espressione del senso estetico dei nostri antenati. Il magico solstizio d'estate. Da poco, alle diverse ipotesi si è aggiunta quella di una etnoastronoma francese, Chantal Jégues-Wolkiewiez. Secondo lei a Lascaux sarebbe rappresentata un'antica mappa del cielo. "Tutto è cominciato quando ho deciso di verificare una mia teoria", spiega la ricercatrice. "Avevo misurato l'orientamento dell'ingresso della grotta e mi ero convinta che durante il solstizio d'estate i raggi del Sole al tramonto vi entrassero fino a illuminare i dipinti della grande Sala dei Tori. Per questo motivo il 21 giugno 1999, insieme a Jean-Michel Geneste, l'archeologo responsabile della conservazione di Lascaux, mi sono recata sul posto. Era proprio come pensavo. Questo dimostrava che essa non era stata scelta a caso. I dipinti della Sala dei Tori erano fatti in modo che venissero rischiarati dal Sole morente del solstizio, forse perché come ha dimostrato Alexander Marshak, nel suo libro Le radici della civiltà, il solstizio d'estate era un periodo speciale, che serviva come punto di riferimento per la misurazione del tempo durante l'Era paleolitica".

Partendo da questa prima constatazione Chantal Jégues-Wolkiewiez è tornata diverse volte nella cavità sotterranea. Ha lavorato all'interno della Sala dei Tori, in fondo al diverticolo e nei pozzi. Voleva sapere se gli splendidi animali dipinti sulla volta e sui muri di Lascaux corrispondessero in qualche modo alle costellazioni zodiacali localizzate nella parte del cielo che dalla Terra appare sempre attraversata dal Sole. L'ipotesi provata sul campo: "Per verificare la mia nuova ipotesi ho elaborato una mappa del cielo relativa a poco più di 17.000 anni fa e sul mio computer l'ho impostata sul momento della comparsa delle stelle la sera del solstizio d'estate. Tra le pitture parietali ho poi scelto come riferimento i punti più marcati che contrassegnavano i contorni degli animali (come per esempio le estremità delle corna, del muso, gli occhi). Ho potuto così constatare la perfetta coincidenza tra questi e i punti del cielo dell'epoca presenti sulla mappa che compariva sullo schermo del mio portatile, nonché la similitudine di forma tra quelle costellazioni e alcune delle pitture". Per fare degli esempi, secondo Chantal Jégues-Wolkiewiez uno dei grandi uri, altro non è che lo Scorpione, così come alcuni cavalli corrisponderebbero alla costellazione del Sagittario. Dipinti per un luogo di culto.

Resta ancora da capire per quale motivo gli uomini preistorici avrebbero dovuto raffigurare le costellazioni sul muro della grotta. "Era una ricostruzione del cielo stellato, in cui le costellazioni erano l'immagine delle loro divinità", continua l'etnoastronoma. "Cerimonie religiose, riti d'iniziazione e invocazioni agli dei erano celebrati in una sala della grotta piuttosto che in un'altra a seconda delle parti del firmamento rappresentate. Il tutto accompagnato da un'idea di trasformazione e di rinascita, che avveniva dopo un percorso disseminato di prove rituali. Il cuore della grotta poteva simboleggiare sia il regno dei morti sia la madre terra dietro la quale scompaiono i corpi celesti prima di rinascere. Ma restano da fare molte ricerche". Se ciò che sostiene la ricercatrice risultasse vero, questo cambierebbe il modo di interpretare non solo l'arte paleolitica ma anche la storia dell'astronomia, visto che comunemente si fanno risalire le prime osservazioni astronomiche del passato all'epoca babilonese, circa 5mila anni fa. Gli archeologi sembrano però indifferenti a questa nuova idea. "Nessuno di loro ha mai seguito le mie conferenze. I risultati della mia ricerca li pongono di fronte a innumerevoli difficoltà, dovute al fatto che quasi sempre essi non hanno una formazione astronomica", conclude la ricercatrice. "Le loro obiezioni più frequenti riguardano il fatto che essendoci migliaia di stelle, a quei punti si potrebbero far corrispondere chissà quali di esse. Tuttavia, non riesco a pensare che qualcuno possa confondere per esempio la costellazione del Toro con Orione, che le sta di fianco. In ogni caso vado avanti, anche se con difficoltà."

Il "BUE NERO" della grotta di Lascaux

I graffiti di Lascaux non sono opera di individui primitivi. E molto probabilmente, la gran parte delle pitture rupestri nel mondo sono probabilmente opera di individui molto evoluti.

La figura-chiave, per capire il mega-galattico messaggio insito nelle centinaia di pitture della grotta di Lascaux è il GRANDE BUE NERO. Ciò che colpisce è il fatto che, in esso, esiste un ordine a scomparti. Sono molti i dettagli non armonici con l’insieme:
1- le corna del toro, un capolavoro di stile, sembrano appartenere ad un’altra immagine
2- il "bernoccolo" sulla testa non ha senso
3- la testa è troppo piccola, in confronto al corpo
4- la testa ha una forma trapezoidale che, ancora di più, "stona" con il resto
5- il posteriore del toro è immensamente grande
6- il sottoventre del toro è esagerato
7- le zampe e gli zoccoli sembrano delle opere d’arte che stonano con il resto
8- quelle due scacchiere, sotto le zampe posteriori, sono una presenza unica nei graffiti
9- la bestia raffigurata non ha sesso.

Osservando bene si scopre che:

1- nella testa del toro c’era un’altra testa, ma di uomo, poi di un altro individuo, di un altro ancora e così via
2- il "bernoccolo" è la testa di un bimbo seduto e vicino al lui c’è la testa di un cane
3- sopra di lui c’è la testa di un individuo, contenuto a sua volta in una testa di minotauro
4- che nella testa di minotauro c’è una testa di donna ... e continuando le immagini diventano 50, poi 100 e più, fino a non contarle.

Le singolarità di queste immagini sono diverse:

1- sono disposte su vari livelli, una sopra l’altra; ogni immagine concorre a formarne delle altre, tanto che è difficile contarle; ognuno vede solo alcune immagini ed altre non riesce a vederle
2- gran parte della figura del toro, immagini comprese, è costituita da un numero incredibile di frecce; le frecce sono delle dimensioni più disparate da 30 cm a pochi millimetri; le frecce sono delle forme più fantasiose: dritte, curve, salenti, discendenti, doppie, triple, a cuore, a coda larga, a campo pieno o solo accennate, ecc.
Il colore di superficie ha due scopi:
1- quello di nascondere quanto c’è scritto sotto e questo fatto è sintomatico e tende a far capire che: a) l’Autore non si sentiva al sicuro; b) voleva che l’opera fosse preservata in attesa di essere capita.
1- quello di dare un senso di dolore e di tristezza a quanto viene raccontato.

Infatti, in questa figura, cominciando dalla zampa anteriore destra e salendo, l’Autore racconta della sua personale odissea, ci parla della sua bella tentata da un giovane aitante e finisce facendoci vedere un uomo maturo, dai capelli bianchi che rema in una barca improvvisata, in mezzo ad una palude mentre trasporta due o più persone distese, forse ammalate.

La figura del toro rappresenta anche una posizione zodiacale perché, le altre figure dinanzi il toro, rappresentano le costellazioni dell’emisfero Ovest del cielo. Da un'attenta analisi, non c'è dubbio che l'immagine del bue, nella caverna, raffigura la costellazione del Toro. Fra l'altro è stata dipinta su una parete esattamente orientata dal punto di vista astronomico.

Se quanto esposto viene confermato, i nomi delle costellazioni (arcaicamente uguali in tutto il mondo) sono stati insegnati all’Homo moderno da individui arcaici evoluti.

"Immagini di animali" (20.000-15.000 a.C.) (pittura parietale - Grotta di Lascaux, Francia)

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